AFFLATO








mi piace a notte
veleggiare tra le stanze buie,
farmi stupir l’anima
dal clamore delle ombre,
scrutar fuori dai vetri
la terra brulicante e il cielo
ove il vento si riposa e aspetta
il risveglio al primo frullar d’ali.
mi piace a mezzogiorno
volger al sole un desiderio,
poi d’incanto soffermarmi
a leccar curioso le tue labbra.
mi piace il suono del crepuscolo,
a raccolta chiama i giorni
e li sparge indifferente
tra un futuro un dì sognato
ed un più remoto passato.
mi piace l’alba assai stasera,
e il calore che alla tua pelle dona,
e il rosso,
che ti inzuppa le labbra
ti infuoca le guance e in un istante
ribalta la Vita.




il rosso che ti inzuppa le labbra
Poteva accadere.
Doveva accadere.
È accaduto prima. Dopo.
Più vicino. Più lontano.
È accaduto non a te.
Ti sei salvato perché eri il primo.
Ti sei salvato perché eri l’ultimo.
Perché da solo. Perché la gente.
Perché a sinistra. Perché a destra.
Perché la pioggia. Perché un’ombra.
Perché splendeva il sole.
Per fortuna là c’era un bosco.
Per fortuna non c’erano alberi.
Per fortuna una rotaia, un gancio, una trave, un freno,
un telaio, una curva, un millimetro, un secondo.
Per fortuna sull’acqua galleggiava un rasoio.
In seguito a, poiché, eppure, malgrado.
Che sarebbe accaduto se una mano, una gamba,
a un passo, a un pelo
da una coincidenza.
Dunque ci sei? Dritto dall’attimo ancora socchiuso?
La rete aveva solo un buco, e tu proprio da lì?
Non c’è fine al mio stupore, al mio tacerlo.
Ascolta
come mi batte forte il tuo cuore.
– wislawa szymborska –