Ozia con me sull’erba,
libera la tua gola da ogni impedimento,
né parole, né musica o rima voglio,
né consuetudini né discorsi,
neppure i migliori, soltanto la tua calma voce bivalve,
il suo mormorio mi piace.
– walt whitman –
in inverno son pigro,
disdegno l’attesa,
ha un furore proprio
il pensiero della tua mancanza,
nell’attenderti demorde la pazienza.
e dunque sei tu
ciò che si chiama amore,
ciò che vive disinvolto,
ciò che tinge di sereno,
ciò che cresce su se stesso,
ciò che aggiunge e mai sottrae,
ciò che non sa il giorno né sa la notte,
ciò che incita il tempo e del ritmo il tempo,
ciò che rende carnale l’invisibile e illumina l’indivisibile,
ciò che afferra l’improbabile e agguanta l’inaspettato,
ciò che non ha un pudore e la verità ultima rasenta,
ciò che scioglie il groppo che t’opprimeva la gola,
ciò che ha meraviglia e del tuo seno stupisce,
ciò che dello spazio non fissa le coordinate,
ciò che asperge il riso e il viso sa felice,
ciò che sotto le tue mani sarò e sono stato,
ciò che ogni parola è vile nel descrivere,
ciò che preserva il profumo d’una essenza,
ciò che non sa pregare se non il presente,
ciò che è ricercato quanto un fuorilegge,
ciò che inonda e ripulisce la via,
ciò che sconquassa le geometrie,
ciò che non vuol mai finire,
ciò che rifugge la paura,
ciò che ti nutre,
ciò che sei,
che sono io.